Franco Battiato e la cura dello spirito psicoterapia Roma prati 23 Mag 2021

BY: admin

Psicologia

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La recente scomparsa di Franco Battiato ha suscitato grande commozione per la perdita di un artista e di un maestro, le cui canzoni hanno accompagnato intere generazioni. A noi del centro di psicoterapia Roma Prati La Fenice fa piacere ricordare la sua figura attraverso un’analisi in chiave psicologica delle sue opere, realizzata dal dottor Simone Ordine.

Si può dire, senza timore di essere smentiti, che Franco Battiato è riuscito in modo particolare a prendersi cura dell’essere umano, delle persone. Le sue opere hanno un grande potere terapeutico. La sua arte è ricca di elementi spirituali e terapeutici che ci vengono trasmessi, attraverso la combinazione di musica e parole, raggiungendo la parte più profonda di noi, il nostro inconscio. Questi elementi provengono, in larga parte, dalla cultura buddhista e tibetana, dalla riflessione filosofica, spesso di matrice orientale, ma attinge anche da altri filoni di pensiero.

Comunicare all’inconscio: la tecnica usata da Franco Battiato

Per far arrivare questi contenuti, questi messaggi a chi ascolta, Battiato sembra usare una modalità di comunicazione che ritroviamo in un grande maestro spirituale: Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo, scrittore e mistico vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, i cui insegnamenti mirano al risveglio della coscienza.

Pe trasmettere i suoi insegnamenti, Gurdjieff utilizzata una grande quantità di strumenti comunicativi tra i quali anche alcuni enneagrammi, contenenti al loro interno riferimenti alchemici, cabalistici ed esoterici.

Cos’è un enneagramma?

L’enneagramma è un disegno geometrico, realizzato a partire da una circonferenza che include al suo interno un triangolo equilatero che interseca una figura a sei lati. Quel che ne risulta è una suddivisione in nove parti uguali, numerate da uno a nove. Si tratta di uno strumento utilizzato in ambito psicologico ed esoterico.

Gurdjieff, talvolta, usava l’enneagramma inserendo all’interno degli elementi di conoscenza che sembrano posti in modo apparentemente casuale, senza seguire un filo logico. Questa apparente casualità la ritroviamo nel modo di procedere dei primi esoteristi che, nel Medioevo, dovevano ricorrere a messaggi cifrati, a un linguaggio oscuro e incomprensibile per comunicare i propri contenuti spirituali, alternativi a quelli della religione ufficiale, in modo da sfuggire alla persecuzione.

Georges Ivanovič Gurdjieff usava questa tecnica non per sottrarsi alla censura politica e religiosa ma per superare le barriere delle strutture mentali coscienti, in modo da comunicare direttamente con l’inconscio. Chi vede l’enneagramma, non ne capisce bene il senso. A livello consapevole, non riesce a coglierne il senso. Ma il contenuto di quell’immagine supera la censura dell’io e si deposita nell’inconscio dell’individuo.

Una tecnica simile è utilizzata anche da Alejandro Jodorowsky Prullansky, ideatore della psicomagia, un particolare metodo di cura, con tecniche riprese dallo sciamanesi, di cui si avvale con successo anche la psicoterapia moderna.

Il metodo messo a punto da Jodorowsky inverte il processo della psicoterapia classica.

La psicoterapia classica, riprendendo un aforisma di Freud, porta l’inconscio alla coscienza. Attraverso l’interpretazione, la psicoterapia lavora su elementi dell’inconscio come il sogno, i lapsus, particolari associazioni di pensiero, per riportarli all’io, alla sfera cosciente, ponendoli sul piano logico formale.

Jodorowksy rovescia questo modo di procedere. Attraverso la psicomagia comunica con elementi che appartengono da subito alla sfera dell’inconscio, con elementi irrazionali che hanno a che fare con veri e propri rituali. Jodoroswky propone al proprio interlocutore di compiere un’azione apparentemente priva di logica, ma che ha un impatto emotivo dirompente, capace di scuotere la persona da dentro e di portarla a vedere la realtà in modo diverso.

Un esempio?

Prendiamo il caso di una donna che aveva perso la voglia di vivere e spesso pensava al suicidio. Ricordava di aver sempre avuto un pessimo rapporto con il proprio padre, che si era ucciso quando lei aveva soltanto dodici anni.

Jodorosky le prescrisse questo atto psicomagico: doveva andare in una residenza per anziani, comprare dodici arance e poi regalare ciascuno di quei frutti a una persona diversa, dedicando esattamente dodici minuti a ciascuna di quelle persone, per parlare con loro. In seguito, avrebbe dovuto sedersi di fronte al portale di una chiesa e mangiare un’arancia lentamente, impiegando esattamente dodici minuti.

Un simile comportamento non ha alcun senso sul piano logico.

Ma attraverso questo rituale psicomagico, Jodorowsky intendeva comunicarle che per godersi la vita e apprezzarla a fondo doveva rallentare, assaporarla piano piano, prendersi del tempo. E glielo comunicava, parlando al suo stomaco, al suo inconscio, non alla sua parte razionale.

I contenuti spirituali nelle canzoni di Franco Battiato

Nelle sue canzoni, Franco Battiato sembra utilizzare proprio le tecniche menzionate in precedenza. A leggerne i testi, talvolta, si ha l’impressione che si tratti di citazioni casuali, un polpettone o un’insalata di riferimenti più o meno colti, messi insieme, non strutturati.

In realtà, Battiato sta usando proprio quel tipo di linguaggio.

“Latenti shock (shock addizionali, shock addizionali)
Sveglia Kundalini (sveglia Kundalini, sveglia Kundalini)
Per scappare via dalla paranoia”

Gli shock addizionali citati da Battiato nella canzone “Shock in my town” si riferiscono proprio a un elemento dell’insegnamento di Gurdjieff. Gli shock addizionali sono quegli sforzi in più che facciamo perché la nostra volontà non si pieghi, attraverso il reperimento di energie più profonde.

“E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare
Perché ho bisogno della tua presenza
Per capire meglio la mia essenza”

In “E ti vengo a cercare”, Battiato comunica elementi esoterici molto forti. Ci sta dicendo che il contenuto delle parole è soltanto una scusa, quello che conta è la presenza nel silenzio. Sta aiutando le persone a capire, parlando al loro inconscio, che quel che importa davvero in una persona è la sua presenza, che va al di là del contenuto, della forma-pensiero.

Ciò che bisogna cercare nell’amore, ci dice Battiato, è l’Essere al di là delle forme. I contenuti sono forma ma lui cerca la presenza.

Pensiamo a una delle sue canzoni più famose, “La cura”. A chi è dedicata in realtà? Ad ascoltarla, non si capisce. È cura di sé stesso, dell’altro, dell’umanità, la cura che trascende lo spazio e il tempo (“Supererò le correnti gravitazionali/ Lo spazio e la luce per non farti invecchiare”) perché l’Essere non invecchia mai. A livello conscio non capiamo, ma musica e parole ci trasmettono degli elementi che sedimentano dentro di noi e ci risvegliano.

Battiato era un grande esperto del Bardo Tibetano, chiamato anche libro dei morti tibetano, considerato un tesoro nascosto anche dagli stessi buddhisti. A un certo punto, nella canzone “L’ombra della luce” fa riferimento proprio a questo testo.

All’interno del rituale tibetano di accompagnamento alla morte, esiste la pratica di sussurrare delle parole nell’orecchio della persona morente per aiutarla nel passaggio tra la vita e la morte. Quell’intervallo di tempo prima della rinascita, è il Bardo. Le formule recitate servono ad accompagnare lo spirito e a fare in modo che sfugga al ciclo della reincarnazione (il samsara), trascendendo verso l’illuminazione (il nirvana).

“Difendimi dalle forze contrarie
La notte, nel sonno, quando non sono cosciente
Quando il mio percorso si fa incerto
E non abbandonarmi mai
Non mi abbandonare mai”

Battiato fa una specie di invocazione, parla della notte, del sonno. Ma intende riferirsi al sonno dell’anima, quando io non sono desto e consapevole, nei momenti in cui predominano in me forze più basse. In tanti momenti della nostra giornata, noi siamo nel Bardo, in quella terra di mezzo tra l’ombra e la luce, tra la mancanza di consapevolezza e la presenza piena, che è il sapere cosa stiamo pensando, essere osservatori di noi stessi.

Quando parliamo di presenza e luce, parliamo di una dimensione che è oltre il pensiero, il contenuto e le parole.

Lo stesso Buddha si domandava come poter comunicare qualcosa che è oltre le parole con l’insegnamento verbale. Franco Battiato lo fa con la potenza della musica, che riesce ad andare oltre. Le parole sono la strada, indicano qualcosa, ma non sono quella cosa.

Musica e parole, messe insieme, possono creare dei veri momenti di illuminazione.

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